Giulio Armeni (Filosofia Coatta) ospite di NewzGen per parlare di meme, satira e social

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Redazione

Giulio Armeni e l’Arte del Meme: Satira, Filosofia e la “Fuga dall’Algoritmo”

Il meme, da semplice immagine spiritosa, è diventato un potente strumento di comunicazione, riflessione e satira. Pochi hanno colto il suo valore come Giulio Armeni, mente creativa dietro “Filosofia Coatta”. Andrea Eusebio e Alessandra D’Ippolito lo hanno intervistato durante la trasmissione Newzgen, approfondendo la sua visione su questo fenomeno culturale e il suo impatto, dalle pagine social al palco.

Andrea: Ciao Giulio Armeni, benvenuto! Tu hai praticamente creato “Filosofia Coatta”, che ti ha portato in giro per l’Italia. Volevo chiederti: come ti è arrivata questa illuminazione di cavalcare e creare meme, vedendo in essi un valore che, nonostante l’intelligenza artificiale, continua a resistere?

Giulio Armeni: Ciao ragazzi! Tendo a vedere la leggerezza in ciò che è percepito come pesante e prendo sul serio ciò che è considerato leggero. Ho studiato i meme fin dal 2017, quando ci feci la mia tesi di laurea in filosofia. Ho sempre capito che stava cambiando il modo di comunicare sui social e non solo. Questo linguaggio va oltre, modificando anche altri linguaggi come la TV, pensiamo al successo di Sanremo. Nasceva in piccole comunità Facebook, quasi di cui ci si vergognava, ed era molto nerd. Poi è diventato mainstream, un po’ come l’hip hop. Dalla pandemia in poi è successo qualcosa che ha cambiato la percezione del meme, tanto che ora è studiato a livello accademico.

Alessandra: Da creatore, cosa hai visto cambiare nella percezione del meme, soprattutto nel rapporto tra la tua creazione e il pubblico, anche quello che chiamiamo “boomer”?

Giulio Armeni: I “boomer” vedono il meme come qualcosa di strumentale: “Se la mia azienda di condizionatori fa meme, vendo di più.” Per loro è uno strumento. A me interessa il meme come forma espressiva, come forma d’arte, espressione del proprio mondo interiore. Questa spinta la capiscono di più i giovani. Il meme nasce come controtura, dovrebbe essere anticonformista, andare contro lo status quo. Ora sono stati “addomesticati”, ma è il prezzo da pagare quando qualcosa diventa pop. Io li uso principalmente per fare satira. È un po’ “furbo” perché, ai boomer, puoi spiegarlo come una “vignetta” satirica, come quelle dei quotidiani. Io prendo screenshot di personaggi pubblici e ci metto sottotitoli inventati, facendo il mio piccolo film a bassissimo costo.

Andrea: In un’epoca di permalosità e polarizzazione online, dove l’utente cerca solo ciò che fomenta le proprie convinzioni, può il meme, con la sua ironia e satira, essere un avamposto per mantenere una community forte che ha ancora un po’ di sarcasmo?

Giulio Armeni: Secondo me, con i meme è possibile fare entrambe le cose. Essendo un contenuto breve e stringato, è difficile esprimere un pensiero complesso. Può essere usato per polarizzare, come fanno certi profili politici, ma può anche essere usato per mettere in scena delle complessità, come nelle mie “storie”. La difficoltà sui social è distinguere la cosa detta seriamente dalla provocazione, o il tuo personaggio dalla tua persona. Nei miei “film”, ci possono essere personaggi “negativi” che parlano; non significa che io sposi quelle idee. Nascondere le cose negative sotto il tappeto non le sconfigge.

Alessandra: Il periodo storico attuale, con tutte le incertezze politiche e geopolitiche, è perfetto per un creatore di meme e contenuti satirici?

Giulio Armeni: In un certo senso, sì. È come per le guerre: finché ci sono, chi fa meme di politica ha molto materiale. Un po’ come il medico che ha bisogno dei malati. Però è anche un linguaggio che si sta saturando. Appena i brand e la pubblicità si accaparrano un certo linguaggio, capisci che la novità è altrove. È una piccola battaglia ricordare che questo linguaggio è nato per dare voce a chi prima non l’aveva, e che questi strumenti dovrebbero essere al servizio della creatività delle persone, non della strumentalizzazione.

Andrea: Come ti spieghi la longevità del meme, dato che parli di saturazione?

Giulio Armeni: I meme sono una cosa ancestrale, un linguaggio. Non sono solo immagini con scritte. La definizione di meme è un elemento culturale che si ripete e si tramanda. Pierino nelle barzellette è un meme. Questo tramandare è solo più veloce con i social, ma il principio è lo stesso. I meme non moriranno mai perché la cultura umana si tramanda con i meme, dall’Iliade ad Amadeus al Festival di Sanremo.

Alessandra: I social spingono per reazioni e commenti che creino discussioni. Ma tu, come Giulio Armeni, cosa cerchi di generare con i tuoi contenuti? E dal vivo, durante i tuoi spettacoli, qual è la reazione del pubblico?

Giulio Armeni: A me non fa impazzire questa cosa della discussione forzata. Spesso, se una cosa mi colpisce, non ne parlo subito, la contemplo. Non è sempre un bene per l’algoritmo. Mi piace creare cose che facciano principalmente ridere, che spiazzino e creino paradossi. A volte questi generano discussioni, ma le trovo spesso sterili. Dal vivo, con lo spettacolo “Fuga dall’Algoritmo”, porto sul palco ciò che online non potrei, anche per via della censura. Dal vivo le persone capiscono di più, l’ambiente chiuso crea un contesto dove si comprendono le regole del gioco. Mi sento più a mio agio in una stanza, dove le persone scelgono di essere lì, rispetto a una piazza, dove può passare chiunque e non cogliere il contesto.

Andrea: Parlando della tua scrittura. Hai un modo unico di giocare con le parole, come nasce? E c’è un tuo personaggio “memabile” preferito che ritieni più riuscito?

Giulio Armeni: Ti ringrazio, quella è la mia passione originaria: la scrittura. Sono cresciuto leggendo fumetti come Peanuts, forme ibride tra immagini e parole. Il mio spettacolo è una presentazione PowerPoint, un ritorno all’infanzia! La parte che richiede più impegno è la scrittura; i meme che pubblico sono scritti su Word. Li considero una “scrittura aumentata”, geneticamente modificata dai social. Anche il podcast con Treccani è stato un modo per misurarmi con la scrittura per l’ascolto. Sarà sempre la mia passione principale, il mio “scoglio” in quest’epoca di cambiamenti. Quanto ai personaggi, Pasolini è stato un mio grande preferito, si presta molto. Anche Barbero. Sono un po’ come dei burattini in cui metto la mano e faccio parlare. La Meloni, che uso spesso, è un altro “burattino” perfetto per le sue “faccette”, anche se ora per il pubblico italiano è un po’ satura come “meme”, mentre all’estero è una novità.

Andrea: Giulio Armeni, grazie mille per essere stato con noi! È stato un vero piacere, in bocca al lupo per la tua estate, il tuo tour e le tue creazioni.

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